L’annuncio della gioia
Terzo e ultimo appuntamento, domenica 10 marzo, del percorso di riflessione organizzato dalla Zona Pastorale Tammaro per la quaresima 2024. Ancora una volta, il prof. Alessandro Pilla ha trattenuto i presenti, presso la chiesa della Concezione in Colle Sannita, in questa sede per approfondire l’azione concreta dei cristiani espressa dal verbo “annunciare”.
Gioca facile don Alessandro, poiché, come ricorda, l’essenza del cristianesimo è l’annuncio. La parola stessa “vangelo” si traduce con annuncio, notizia e l’E-Vangelo è la Buona Notizia. Il messaggio di Gesù è, quindi, un annuncio buono, gioioso. Purtroppo – sottolinea – nei secoli, siamo stati istruiti male. Dai pulpiti delle nostre chiese, i predicatori del passato, istruivano il popolo ostentando, in alcuni casi, anche dei teschi, facendo leva, così, sulla paura legata al tema della morte.
Il Vangelo è un’altra cosa! Il Signore mette in guardia, ma il suo è un annuncio buono, di gioia. Non siamo condannati alla tristezza eterna, ma alla beatitudine che Gesù annunciava.
Una Parola di gioia per i giovani
Ciò che è triste, forse, è il contesto dove avviene l’annuncio, poiché questo messaggio di gioia, purtroppo, viene annunciato in un modo di guerre. Don Alessandro tornerà su questa triste attualità verso la fine, ma intanto, tenendosi fedele alla Bibbia, inizia a muoversi con disinvoltura tra le Scritture.
“Vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo” (Lc 2,10), è qui la gioia del messaggio cristiano: l’annunciazione! E prima ancora: “Rallegrati Maria …”, cioè sii contenta!
Incalza don Alessandro con un inciso a favore dei giovani. La fede cristiana non è la fede dei “non”, secondo la falsa convinzione che il decalogo sia solo un elenco di proibizioni. L’annuncio è gioia e la gioia dovrebbe essere una caratterista dei giovani. Del resto, osserviamo, l’annuncio che ha cambiato la storia fu rivolto ad una ragazza di 15 anni e la salvezza è arrivata a noi attraverso un giovane risorto a 33 anni.
La tradizione biblica
Alla predicazione di Filippo in Samaria seguì una grande gioia (cf. At 8,5-8). Così come alla predicazione di Paolo: “… e i discepoli erano pieni di gioia …” (At 13,52). Ancora, Paolo rivolgendosi ai Corinzi si pone come “cooperatori della vostra gioia” (2Cor 1,24) e ai Filippesi scrive: “siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti” (Fil 4,4).
Ritornando sull’annuncio, don Alessandro sottolinea che questi deve essere secondo verità e, quindi, evitare la falsità propria dei farisei. Perché la gioia non può essere solo predicata, in quanto l’annuncio è tale quando aiuta a vivere nella gioia.
L’inferno che è in noi e la pienezza della gioia
Ma perché dobbiamo vivere nella gioia? Il motivo della gioia è la nostra salvezza, operata dal Figlio tramite la sua resurrezione, perché il Padre è Amore.
Allora si capisce che la vita è un inferno quando manca la gioia dell’amore e all’inferno si sta male perché manca la gioia di amare. Siamo all’annuncio dell’Apocalisse, in Paradiso “non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno …” (Ap 21,4). Il diavolo, il male, la tristezza, nel Regno dei Cieli non potranno più molestarci.
Sulla terra, invece, bisogna fare attenzione al diavolo, ma anche a noi stessi. Qui don Pilla incalza: i peggiori diavoli siamo noi cristiani, noi uomini!
Impariamo e, soprattutto, insegniamo ad amare. Il compito di noi cristiani, genitori, nonni, catechisti, insegnanti, … consiste nell’insegnare come si ama umanamente e divinamente. Ciò si rende fondamentale poiché l’umanità ha bisogno di amore e questo bisogno è simile al bisogno che ha un bimbo di avere una mamma e un papà che si amano.
La ricerca della gioia e quindi la necessità di annunciarla, è nel nostro DNA. Parliamo di gioia, letizia e non solo di felicità legata ad un’esperienza da sballo.
Il prof. Pilla continua con una precisazione. Attenzione che sulla terra il 100% di gioia non è possibile. La gioia, intesa nella sua pienezza, è come la bontà e, infatti, solo Dio è buono.
Sulla terra la gioia è mista al dolore. Dobbiamo comprendere la fatica della gioia. Per farlo ci viene incontro l’immagine della gioia del parto che richiede la sofferenza del travaglio. Oggi, purtroppo, non essendo più abituati al dolore, allontaniamo anche quello che potrebbe essere per noi motivo di gioia. Così accade che le nostre gioie non sono così sentite per la paura del domani. Non ci godiamo le cose per paura. Questo vale nella vita, nelle relazioni sociali, nei nostri rapporti interpersonali. Godiamoci l”attimo fuggente – dice don Alessandro – senza pensare alla paura del domani.
L’annuncio di gioia della Chiesa e la responsabilità dei cristiani
Papa Francesco, nei confronti dei signori della guerra, non manca occasione per ricordare che i conflitti non portano gioia. Ecco l’ipocrisia: nessuno fa la guerra con i propri figli o con i propri soldi. Ciò vale anche in famiglia. Quando si sente dire “questa casa è un inferno”, vuol dire che è si è persa la gioia dell’amore. La Chiesa, allora, in prospettiva, pensa al Giubileo del 2025 come possibilità per una rinascita interiore.
Ancora, il prof. Pilla, nell’avviarsi alle conclusioni, sposta ancora maggiormente la responsabilità dell’annuncio della gioia e lo fa citando il Concilio: “È proprio dei laici, per la loro vocazione, cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio” (LG 31).
Cosa ne facciamo dei nostri soldi, delle nostre ricchezze? Non dovrebbero servire solo per i propri bisogni personali, ma anche per Dio e per il prossimo. L’annuncio di gioia passa attraverso l’amore per il prossimo. Un fratello che non aiuta non è cristiano. Nelle comunità cristiane i poveri non dovrebbero esistere. Di un bambino o di una famiglia che non ha una vita dignitosa dovremmo farcene carico.
C’è più gioia nel dare che nel ricevere, non solo in termini materiali. Bisogna donare amore, non solo soldi. Qui, don Alessandro racconta dell’esperienza di tanti anziani che, rassegnati, raccontano: “Non mi fanno mancare nulla, ma dovreste vedere come me lo danno”.
Difronte a queste sollecitazioni della società, il prof. Pilla, conclude con un monito: che la Chiesa continui ad annunciare il vangelo dell’amore.