Il progetto TAM e i Taccuini in natura

Nell’ambito del progetto “TAM. La cultura è un fiume”, dal 9 all’11 maggio, è stato presentato il ciclo di laboratori “Taccuini in natura”. Un’esperienza nuova sul territorio, che vuole educare a raccontare l’ambiente, osservando e documentando lo spazio con il linguaggio del disegno.

Prima tappa venerdì 9 maggio, presso la scuola primaria Eduardo De Filippo, con un laboratorio riservato agli studenti.

Il secondo incontro si è tenuto sabato 10 maggio, presso l’auditorium San Bernardino di Morcone, sotto il titolo “Rimanere sul sentiero. Note naturalistiche per escursionisti felici”. È stata l’occasione per presentare la collana PINO (Piccoli Naturalisti Osservatori).

L’ultimo laboratorio si è svolto domenica 11 maggio, presso l’Oasi WWF del Lago di Campolattaro. In questa cornice sono stati invitati a partecipare ai laboratori gli insegnanti, gli educatori e i genitori.

A coordinare le attività c’era Elisabetta Mitrovic, educatrice ambientale, illustratrice appassionata di Birdwatching e viaggi naturalisti. Al suo attivo diverse pubblicazioni con l’editore Topipittori, marchio specializzato in libri illustrati per bambini e ragazzi.

Tutti possiamo disegnare

Abbiamo incontrato Elisabetta in occasione dell’ultimo incontro, che si è svolto all’Oasi WWF del Lago di Campolattaro. In questo contesto ci siamo intrattenuti in una costruttiva conversazione, che ci ha permesso di comprendere bene la proposta.

Tutti possono disegnare! È la premessa di Mitrovic per poter afferrare il resto. Al di là di quanto abbiamo potuto apprendere durante l’infanzia e di ciò che pensiamo sulle nostre capacità, basta fornirsi di alcuni strumenti pratici per poter disegnare la natura. Alla sua proposta di osservazione e descrizione attraverso il disegno, quindi, si possono avvicinare tutti, anche le persone che non si ritengono all’altezza.

Il segreto, per l’interlocutrice, è partire dal segno e non dal disegno. Si inizia dal segno per soffermarsi sul dettaglio e da lì ricreare, progressivamente, una relazione autentica con la natura. “Per imparare a disegnare – dice Mitrovic – bisogna imparare ad osservare”, ma è vero anche il contrario e, quindi, “se non disegno neanche vedo”.

Una dialettica che possiamo comprendere, poiché affine alla narrazione che spesso proponiamo quando proviamo a cogliere il tutto di un racconto, a partire da un suo frammento isolato.

Non ce lo siamo detti, ma ascoltando Elisabetta, con il pensiero siamo atterrati sul campo della semiotica che, nel contesto dell’osservazione ambientale, può diventare ecosemiotica e proiettare verso la penetrazione e comprensione emotiva dell’esperienza sensibile.

Un’esperienza di relazione

Sollecitata sul confronto con la fotografia, Mitrovic spiega che “per scattare una foto impieghi pochi secondi e poi vai via. Per disegnare, invece, ti fermi, osservi, ascolti ciò che ti circonda, ma anche te stesso, scoprendo nuove cose, cogliendo altro”.

Si tratta di un “percorso di conoscenza più completo che passa attraverso tre tappe: sguardo -cervello – mano”. La foto, invece, è un’istantanea e, come tale, “un’interpretazione limitata da una serie di variabili come la luce, l’orario, la posizione del sole …”.

Il disegno diventa “non solo documentazione, ma esperienza di relazione”. Anche qui l’interlocutrice ci trova profondamente in sintonia, rispetto alla convinzione che muoversi su un territorio incontaminato, dove la percezione della biodiversità diventa il pretesto per un incontro con un’alterità che se non mi soffermo a tratteggiare, rischio di non vedere e non apprezzare. Perché, afferma Elisabetta, “se vado in un posto e lo disegno, gli voglio più bene e, quindi, lo rispetto”.

Il parco nazionale

Entriamo, allora, nel merito di un’eventuale azione propositiva, per provare ad apportare un contributo alla crescita delle aree interne dell’Alto Tammaro. Stimolata su una possibile ricaduta sulla zona, Mitrovic fa notare come “questa valle ha valori naturalistici che potrebbero accompagnare la cultura locale”.

L’ascoltiamo con ammirazione, ma con la stessa dose di amarezza pensiamo che siamo ben lontani da farlo comprendere alla popolazione locale. Così, incalziamo sul nascente parco del Matese, con l’aspettativa, non disattesa, di ascoltare, da un’educatrice ambientale, qualcosa di nuovo e non scontato sull’argomento. Arriva l’affondo: “il parco nazionale è un’opportunità. Serve a mantenere un equilibrio nell’ambiente e non a portare turisti. Attira l’attenzione su questioni importanti, come l’inquinamento delle acque, sostenendo l’umanità. Noi, infatti, sopravviveremo finché intorno avremo una natura sana”.

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