L’impegno dei cristiani nel mondo: abitare
Domenica 25 febbraio, nella chiesa di Santa Maria degli Angeli in Pontelandolfo, si è svolto il primo dei tre incontri formativi organizzati dalla Zona Pastorale Tammaro, per meditare sull’impegno dei cristiani nel mondo. Il primo verbo sul quale i partecipanti sono stati invitati a riflettere per poi poter agire è “abitare”.
L’approfondimento è stato affidato ad Alessandro Pilla, professore di Sacra Scrittura che, con il suo modo di esprimersi allegro e incisivo, ha saputo tenere alta l’attenzione per tutta la durata dell’incontro.
In rappresentanza delle parrocchie della zona erano presenti diverse persone, che hanno riempito la chiesa e ascoltato con attenzione.
Dal Paradiso a Nazaret, andata e ritorno
Come ti aspetti da un docente di teologia biblica, il prof. Pilla apre ponendo il fondamento biblico/evangelico dell’abitare. Il riferimento è al prologo di Giovanni: “E il verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. (Gv 1,14)
Accade che il Figlio di Dio, la seconda persona della Trinità e, quindi, Dio stesso, si trasferisce dalla comunità divina a quella umana, per abitare la vita degli uomini. Basterebbe soffermarsi su questo per comprendere la straordinarietà del gesto.
Non solo. Dove sceglie di andare a vivere? Il relatore sottolinea: “nella terra ancora oggi più disastrata, che non contava nulla. In una città disprezzata da tutti”. Volendo dare un titolo, potremmo dire: dal Paradiso a Nazaret, andata e ritorno, dove per Nazaret possiamo immaginare la periferia più disagiata, da dove ti chiedi come sia possibile che arrivi qualcosa di buono (cfr. Gv 1,46).
Il rispetto delle regole e la disobbedienza divina
Mons. Pilla entra nel dettaglio dell’insegnamento evangelico e sottolinea come Dio, dal momento in cui si incarna e viene sulla terra, sceglie di vivere secondo la legge di Mosè … e della Chiesa. “Quando si abita – dice il relatore – si rispettano le leggi”. Poi mette in guardia: “si rispettano quando sono conformi alla legge di Dio, altrimenti bisogna disobbedire. La legge che impone di ammazzare l’avversario non si rispetta”.
Qui nella mente dell’ascoltatore si aprono tanti file che rimandano a ciò che accade nel mondo, ma don Alessandro è bravo a riportare subito l’attenzione su concetti importanti che, poi, evidentemente, ognuno saprà rimuginare in base alla propria esperienza personale. In effetti a proprio questo serve la lectio divina.
Gesù, allora, abita in mezzo a noi in maniera civile e poiché la legge di Mosè non era perfetta, è venuta a perfezionarla, poiché non si può vivere senza la legge. Questo – incalza Pilla – vale anche per la famiglia, ambiente dove si vive meglio se ci si dà delle regole, poiché la legge non limita la libertà, ma l’aiuta.
La legge, però, spiega ancora il professore, non è imposizione. Imporre significa giocare a fare i padreterni! Il diavolo gioca in questo modo. Anche Dio non impone, ma propone. La sua è una proposta, giustamente la migliore per noi: “Putin impone, Dio no!”. A noi che eravamo presenti e che abbiamo accolto con piacere questa affermazione, non è risultato difficile affiancare a Putin qualche altro nome altrettanto responsabile di ciò che accade nel mondo … ma preferiamo mantenerlo come contenuto della nostra meditazione personale, stimolata dalla lectio divina.
Intanto don Alessandro, ormai, è un fiume in piena e, nonostante il tempo passa, il suo parlare non stanca e mantiene ancora l’attenzione alta. Cita Putin e poi afferma: quelli che impongono giocano a fare i padreterni! Il diavolo gioca in questo modo.
Le case albergo, ristorante e bancomat
L’attenzione si sposta sulla famiglia che, come Gesù a Nazaret, deve crescere in sapienza e grazia. Perché ciò sia possibile, ribadisce, c’è bisogno di regole: “le case senza regole sono case albergo, ristorante e bancomat”.
Attualissima la metafora del mare che recupera accennando ai figli e all’utilizzo degli smartphone da parte dei bambini. Questi strumenti servono per navigare nel web, noi affidiamo un motoscafo potente ad un bambino.
Per abitare la società e la Chiesa, anche noi dobbiamo crescere in sapienza e grazia. Se non ci riusciamo è perché passa il tempo e le cose da fare sono tante. Intanto, afferma Pilla, è nel tempo che si cresce, non nell’eternità. E la crescita deve essere armonica, perché si possa gustare l’armonia della vita.
Crescere in sapienza e grazia
E, così, don Alessandro Pilla va verso le conclusioni accennando brevemente a questi concetti.
Crescere in sapienza, secondo il significato etimologico, crescere in sapore, gustare la vita, la casa, la Chiesa. Per gustare, ricorda, non bisogna correre.
Crescere nella grazia, ossia nell’amore. La famiglia è la culla dell’amore. Si parla di amore, ma non si ama. Mentre ascoltiamo queste parole, ancora entriamo nella meditazione personale e ci viene da pensare a Sanremo e alle canzoni che parlano d’amore, ma non sempre riescono a stimolare amore.
Qual è la regola dell’amore, chiede don Alessandro? Il donare.
Se ci pensiamo, la vita è un dono di Dio, quindi un gesto d’amore. Se ammazziamo l’amore, finisce Dio, la vita. Poiché Dio è infinitamente amore, mentre l’inferno è assenza d’amore.
Dio ci chiede la fiducia. Ad Abramo dice “vai verso la terra che io ti indicherò” (Gn 12,1).
La conclusione di mons. Pilla: amore è credere, chi non crede non ha la vita eterna.
Un pensiero personale
Ci siamo fatti suggestionare e, mentre ancora siamo lì ad accogliere questi spunti di riflessione, ci chiediamo: siamo sicuri che all’inferno non conoscono l’amore? Non è che, per caso, l’inferno non è assenza, ma desiderio d’amore? Non vivo, forse, l’esperienza dell’inferno quando mi sento solo, so che ho bisogno d’amore, forse lo intravedo pure da lontano, ma … sono incapace di afferrarlo? Questo è l’inferno … e vale anche per i preti!