Se In un mondo a parte Riccardo Milani ci spiegava che il futuro della scuola e dei paesini dell’entroterra passa attraverso l’inclusione delle famiglie di immigrati, a Campolattaro la finzione lascia spazio all’allegria e l’incontro tra comunità locale e ragazzi/e immigrati/e diventa l’occasione per una festa dai colori e dai sapori diversi, nel rispetto della tradizione, ma nelle forme più consone ai tempi che cambiano.
L’occasione è la festa del Santissimo Salvatore, titolare della chiesa madre e della parrocchia di Campolattaro, che si festeggia, come da calendario universale, il 6 agosto, in occasione della festa liturgica della trasfigurazione del Signore.
Il luogo è la piazzetta omonima adiacente al caratteristico borgo del paese che, martedì sera, si è animata grazie al concerto dei Blue Stuff, nota band napoletana che negli anni ‘90 accompagnava Joe Sarnataro, alter ego di Eduardo Bennato.
Ad arricchire la serata, unendosi alla comunità, i ragazzi del centro Alw Ahih di Morcone, vero valore aggiunto all’iniziativa che, comunque, ha visto la partecipazione delle famiglie più attente del paese, insieme ad un discreto numero di fans della band, provenienti dalla provincia di Benevento e dal napoletano.
L’atmosfera che si respirava era quella propria di una famiglia estesa, dove allogeni e aborigeni davano forma ad un’unica comunità, senza distinzioni tra chi accoglie e chi viene accolto, perché tutti attori protagonisti dell’evento.
Ed allora: ai gusti mediterranei si sono uniti gli apprezzatissimi sapori del Bangladesh, mentre l’arte dello chef francese ha subito la contaminazione della cucina napoletana; in tarda serata, sotto al palco, il ritmo africano si è confuso con il blues, dando vita ad una danza stimolata dall’animazione improvvisata di chi quotidianamente svolge una professione d’aiuto; durante tutta la manifestazione, giovani e adulti cosiddetti forestieri si sono sentiti a casa, abbattendo quel muro di diffidenza che, di solito, porta ad isolarsi con “i suoi”, per entrare nel merito di una festa non sentita da tutti, ma che si rivolge ad ogni persona di buona volontà che, oltre la ricreazione, si nutre di cultura e impegno civile.
“A tal proposito – racconta il parroco – una grande soddisfazione l’ho avuta quando un gruppo di giovani provenienti dalla provincia si è avvicinato per chiedermi una spiegazione dei quadri che abbiamo in chiesa. È questo il vero senso di una festa che vede nel cantante di turno un richiamo sul quale innestare una proposta culturale orientata in senso cristiano, anche a chi non è detto che si professi tale, ma vuole comprendere.”
Il sacerdote d Campolattaro ha poi sottolineato come l’adattamento si renda necessario se non si vuole morire. Lo sviluppo delle aree interne e, in questo caso, “il mantenimento delle tradizionali feste locali, passa anche attraverso l’inclusione, non come possibilità, ma processo indispensabile per la crescita integrale del territorio e delle nostre comunità”.
“Colgo l’occasione – conclude – per rivolgere un ringraziamento particolare ai ragazzi di Alw Ahih, ma anche alla Pro Loco, senza la quale nessuna festa si può organizzare. Estendo i ringraziamenti al sindaco di Campolattaro, sempre disponibile e presente; alla protezione civile di Pontelandolfo, che puntuale ci accompagna in ogni iniziativa”.
Ancora, dal palco, il parroco ringrazia “le persone interpellate che si sono rese disponibili, senza fare nomi, per non dimenticare nessuno; infine, ma non per ordine d’importanza, il pubblico esterno e interno al paese, che ha dimostrato di meritare qualcosa in più rispetto ad una prassi che sarà pure consolidata nel tempo, ma ultimamente piena di incrostazioni da eliminare”.