Il sindaco di Pontelandolfo, Ovidio Valerio Testa, interviene all’incontro pubblico organizzato a Campolattaro sul tema della scuola, lì dove il titolo suggeriva una riflessione su “Come garantire il diritto all’istruzione nelle aree interne”.

Una voce fuori dal coro, che sembra stonare con quanti mossi da un’intenzione più o meno politicamente corretta dai consensi, ritengono un fallimento personale la chiusura di un plesso scolastico nel proprio Comune.

A confrontarsi sul futuro della scuola nell’Alto Tammaro, oltre al sindaco di Pontelandolfo, c’erano i primi cittadini di Campolattaro, Fragneto Monforte e Fragneto L’Abate. Tutti d’accordo, in teoria, sulla necessità di creare sinergie, non tutti convergenti su possibili soluzioni di decentramento del servizio educativo.

Insieme ai sindaci, in rappresentanza del mondo della scuola, la professoressa Elisanna Pezzuto, dirigente Istituto Comprensivo S@mnium e la professoressa Maria Buonaguro, già dirigente scolastica in diversi istituti.

In questa cornice si è inserito l’intervento di Valerio Testa che ha avuto il coraggio di entrare nel merito della valutazione qualitativa della questione, oltre il dato quantitativo che, fino ad oggi, si è cercato di salvare con le pluriclassi.

Le pluriclassi, secondo il sindaco di Pontelandolfo, mortificano gli studenti e fanno emergere forti criticità sul piano didattico, così come riscontrato anche dalle prove INVALSI. Non può essere questa la soluzione, poiché significherebbe anteporre una preoccupazione politica ai naturali processi evolutivi che caratterizzano i percorsi educativi.

Non è possibile che i componenti di una terza elementare si ritrovino a somatizzare contenuti estranei al proprio sistema cognitivo e relazionale, in una fase della vita dove due/tre anni di scarto indicano una notevole differenza sul piano dei processi di apprendimento e di definizione del sé.

Come anche non è concepibile, qualora ci fossero anche le risorse umane e materiali, immaginare delle classi con 2, 3, 4 bambini, noncuranti della valenza socio-educativa dell’interazione all’interno del gruppo classe.

Su questa linea si inserisce la proposta concreta del dottor Testa che ipotizza un unico complesso all’avanguardia, che oltre a preoccuparsi dei consumi energetici e dell’impatto ambientale, risponda anche alla crescita integrale dei ragazzi e alle esigenze reali delle famiglie.

Pensiamo, allora, ad un campus con spazi per lo studio, l’attività fisica, le arti espressive, l’inclusione sociale, che possa centralizzare la proposta e porsi come eccellenza sul territorio. Puntualmente qualcuno si chiede dove collocarlo e pensa al proprio Comune … e così siamo punto e a capo!

In attesa che cambi la mentalità, cosa si può fare? La soluzione più coerente sembra essere una: ascoltare i genitori, stimolarli con l’offerta migliore, prendere atto delle loro scelte.

In conclusione, oltre il prevedibile, cosa è mancato al dibattito? Probabilmente il contributo dei servizi sociali e delle altre realtà impegnate sul territorio sul fronte dell’accoglienza e dell’inclusione sociale, poiché se non si vuole chiudere la scuola, bisogna riempire le case di famiglie … e non solo!

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